Cosa rende la viticoltura altoatesina speciale?
Ciò che rende unico l’Alto Adige sono i diversi microclimi e i diversi terreni che si trovano in uno spazio così piccolo. Questo rende possibile un’immensa diversità varietale, che non ho mai sperimentato in nessun’altra regione vitivinicola europea. Oltre ai tuoi studi in Austria hai lavorato in cantine negli Stati Uniti, Australia, Francia e Italia.
Cosa possono imparare i viticoltori altoatesini dai loro colleghi internazionali?
Potremmo imparare, soprattutto, a rilassarci un po’ (ride). A volte ci lamentiamo di cose per le quali i viticoltori italiani o americani, per esempio, alzano semplicemente le spalle. Dovremmo prendere un po’ esempio da loro. Spero che in Alto Adige si possa costruire una tradizione vitivinicola solida come altre in altre parti d’Europa. Sarà importante per noi riuscire a coniugare bene tradizione e innovazione. Molti giovani viticoltori raccolgono esperienze all’estero: questo andrà sicuramente a beneficio dell’Alto Adige.
Quali sono le sfide del futuro per la vostra generazione di viticoltori?
Personalmente credo che siano due le grandi sfide che occuperanno la viticoltura altoatesina. Per prima cosa, mantenere costante anche in futuro l’elevata qualità dei nostri vini. L’Alto Adige si è ritrovato catapultato quasi dal nulla sul mercato internazionale in brevissimo tempo. Mantenere questo livello sarà relativamente più difficile che costruirlo. La seconda sfida è rappresentata dal cambiamento climatico.
I vigneti cambieranno?
Sì, tra le altre cose. Se le previsioni climatiche si avvereranno, non saprei dire, per esempio, se tra 30 anni ci saranno ancora viti Riesling alla tenuta Falkenstein. I vitigni si sposteranno sicuramente, salendo di quota, forse fino a 1.000 metri di altitudine. A causa degli inverni miti, gli insetti si diffonderanno molto di più e, oltre agli attuali parassiti, arriveranno anche nuovi parassiti, che spesso non hanno un antagonista naturale nel nostro paese.
Concludiamo con un dilemma da risolvere: tappo di sughero o tappo a vite?
I tappi a vite sono un must per il vino bianco. I vini bianchi invecchiano bene anche con i tappi a vite, ottenendo comunque una grande freschezza, che li rende davvero interessanti. Con i vini rossi è più complicato. Se si vuole usare il tappo a vite è necessario prevedere in anticipo la maturazione, in modo che i tannini non rimangano troppo amari. Con il sughero, questi si degradano lentamente grazie allo scambio d’aria, con il tappo a vite ciò non avviene o avviene molto più lentamente. Ma il sughero è anche difficile da gestire: in certe circostanze, può privare il vino del suo aroma, ma il sapore sovratannico non è sempre chiaramente attribuibile al sughero. Questo è un problema per la gastronomia, per il sommelier e infine anche per noi viticoltori. Oggi, in tutto il mondo, manca anche del sughero veramente buono e questo probabilmente porterà ad un numero sempre maggiore di tappi a vite.