Dalla terra alla tavola
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Dalla terra alla tavola

Asparagi, mele, vino. La varietà regionale è grande. Sono sempre più numerosi i contadini e i ristoranti che lavorano e trasformano in proprio i prodotti locali. Facciamo visita al contadino Norbert Kerschbamer, alla famiglia Schwienbacher e al ristorante “miil”.

Norbert Kerschbamer ama gustare i propri asparagi con il
parmigiano e l’olio d’oliva. Accompagnati da un bicchiere di
Sauvignon. Naturalmente vinificato nella sua cantina. Norbert è di Lana, lo incontriamo nel suo campo d’asparagi, un terreno di 1.600 metri quadrati. Armato di un coltello per gli asparagi, detto a sgorbia, terminerà oggi la raccolta annuale di questo delicato ortaggio. Con attenzione allontana con due dita la terra attorno alla punta dell’asparago, che fa capolino dal mucchietto di terra.
Poi aggancia l’asparago nella parte più profonda. Il quarantanovenne li raccoglie con destrezza uno dopo l’altro e passa così tutto il campo.

Vende gli asparagi agli alberghi della zona, alla ristorazione nei dintorni e a clienti privati. Subito dopo la raccolta, gli asparagi vengono selezionati, lavati e consegnati già nel pomeriggio. “La sera agli ospiti verranno serviti gli asparagi raccolti quello stesso giorno”, spiega il coltivatore orgoglioso.

Per lo chef Andreas Heinisch del ristorante gourmet “miil”
di Cermes è proprio questa regionalità e freschezza a fare la differenza in cucina. Anche la famiglia Schwienbacher del ristoro Hofer-Hof a Cermes acquista ogni primavera gli asparagi freschi per i propri avventori direttamente dal contadino. Sono sempre più numerosi i clienti della ristorazione che fanno attenzione ai prodotti regionali, freschi, portati direttamente dal campo in tavola.
Tutto fatto a mano
Questo pomeriggio, terminata l’ultima raccolta, Kerschbamer deve rivoltare e spianare il terreno. Altrimenti l’asparago continuerebbe a crescere. “E diventerebbe poi troppo alto”, spiega mentre raccoglie uno dopo l’altro gli asparagi dal terreno. Un lavoro faticoso, tutto manuale. Ma quando c’è bisogno le sue figlie danno un aiuto efficace.

Dopo anni di esperienza Kerschbaumer vede subito dove l’asparago è cresciuto, anche se la cima non spunta ancora dal terreno. Lì dove si formano piccole crepe nella terra sabbiosa. Taglia l’asparago a 23 centimetri di profondità, perché per la vendita ogni asparago deve avere una lunghezza minima di 20 centimetri. Per evitare che l'ortaggio diventi legnoso, ogni piantina va piantata sotto terra. Inoltre su ogni filare viene ammucchiata altra terra e poi ogni filare viene coperto con teli scuri, in modo che l’asparago non si colori di viola con la luce del sole. Ogni pianta produce
circa mezzo chilogrammo di asparagi a stagione, grazie al duro lavoro del contadino.
Kerschbamer ha iniziato a piantare asparagi tra i suoi meleti a Lana di Sotto nel 1997. Il terreno è molto sabbioso, ideale per questo ortaggio delicato. La zona poi è fortemente soggetta alla grandine. Nell’arco di venticinque anni è grandinato diciannove volte. Un fattore fatale per le mele.

Prodotti firmati
Sull’altro lato dei suoi due ettari di campo Kerschbamer ha piantato vigne e qualche melo. Nel 1998 ha iniziato a vinificare in proprio per consumo domestico.

Nel 2003 l’agricoltore ha inaugurato ufficialmente la sua cantina “Weingut Hännsl am Ort”. Oggi produce vini di sette varietà: Pinot bianco, Chardonnay, Sauvignon, Schiava, Merlot, Lagrein e Pinot nero e imbottiglia anche vini DOC. “Il lavoro in cantina mi piace. Si può essere creativi e realizzare un prodotto che porta la propria firma”, dice orgoglioso. Le mele le conferisce in parte alla cooperativa, con la parte rimanente produce succo di mela. I clienti apprezzano la sua dedizione al lavoro e i suoi prodotti.
“In quest’epoca in cui regnano i prodotti anonimi, mi piace poter avere un contatto diretto con il consumatore”, racconta Kerschbamer, visibilmente contento di aver intrapreso questa strada.
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Tra canederli allo speck e i dolci “riebl” di grano saraceno
Per sostenere contadini come Kerschbamer, la famiglia Schwienbacher acquista per il proprio ristorante Hofer-Hof solo prodotti regionali e coltiva quanti più ortaggi possibile nel proprio orto e nel campo dietro casa. Ciò comporta tanto lavoro e poco guadagno. Ma questo i Schwienbacher l’hanno già messo in conto.

“Quando arrivo dall’orto con in mano la lattuga fresca, ai clienti piace ancora di più”, dice Luise Schwienbacher e ride. Ha sessantacinque anni ed è la colonna portante dell’attività. Ogni giorno, da metà marzo a metà novembre, è in cucina a preparare piatti gustosi per i tanti escursionisti di passaggio, insieme a Stefanie, la nuora che di anni ne ha trentuno.

Gli uomini di casa, Josef settanta anni e Stefan trentuno, si
occupano dell’orto, del campo, della serra ma anche del servizio ai tavoli. Nelle giornate di sole come oggi c’è davvero tanto da fare. Già alle 11 arrivano i primi escursionisti e non desiderano altro che gustare le specialità nostrane.
Ordinano i tradizionali canederli allo speck con insalata di cavolo cappuccio, ravioli di spinaci oppure i “riebl” di grano saraceno, una specie di omelette dolce spezzettata. E il piatto del giorno: cordon bleu di carne locale e aglio orsino dal nostro orto.

Insalata, crescione, fagioli, rape rosse, bacche e frutta: tutto
cresce qui a 800 metri di quota. “Comperiamo verdura solo
quando non ne abbiamo a sufficienza. Se possibile direttamente dal contadino”, spiega Luise. Produce personalmente sette tipi di succhi, dal lampone alla ciliegia, dal ribes alla mela. E questa è solo una parte dei tanti prodotti di produzione propria. La famiglia Schwienbacher affumica lo speck in casa. “Una parte però la dobbiamo comperare, perché il nostro non basta”. Solo burro
e formaggio devono essere acquistati. E in tavola presentiamo solo ciò che si produce nelle latterie regionali. Gli alimenti non devono percorrere un lungo viaggio. Su questo sono tutti e quattro d’accordo.
Ospitali con dedizione
“Ieri abbiamo fatto di nuovo il pane in casa”, racconta Josef.
I tra dizionali “paarlen” di farina di segale e poca di frumento. Con finocchio, anice, cumino, crescione, trigonella, sale e lievito. Proprio questi “paarlen” sono la ragione per cui questo maso, attestato per la prima volta nel 1399, è diventato una stazione di ristoro nel 1990.

“Questa in realtà era la nostra stube privata”, racconta Luise ed entra nella stanza perlinata con la stufa tradizionale contadina e il ponte in legno. Oggi questo spazio è dedicato agli ospiti e solo la parte retrostante della casa è adibita a uso privato.
Nel piano più basso si trova la stube della panificazione; qui sin dall’inizio si faceva il pane per il consumo familiare. “Ma la voce si è subito sparsa e si presentavano in continuazione conoscenti per comperare il pane”, spiega Luise. E da qui venne l’idea di vendere pane con speck e formaggio. In quel periodo due punti di ristoro nelle vicinanze chiusero e quindi gli escursionisti affamati
e assetati diretti alla salita dell’Ochsentod, venivano a bussare alla porta.
Dal 2015 Stefan gestisce il ristorante con vista panoramica su tutta la Valle dell’Adige. Fu subito chiaro che sarebbe stato lui a portare avanti l’azienda familiare. È il più giovane di tre fratelli e una sorella ma ha sempre lavorato nella ristorazione. All’ora della tipica merenda tirolese, servita con speck, kaminwurz, formaggio, pane e un bicchiere di vino, ogni tanto Stefan suona volentieri qualche brano con la fisarmonica per intrattenere gli ospiti.
Grazie alla dedizione con cui la famiglia Schwienbacher cucina per i propri ospiti, il ristorante Hofer-Hof ha ottenuto il sigillo “Pura qualità in montagna”. Il riconoscimento viene dato solo alle strutture ricettive di montagna che offrono prodotti autentici, genuini e di qualità.
Cermes
Ristorante Miil
chiuso
lunedì chiuso
martedì 12:00 - 00:00
mercoledì 12:00 - 00:00
giovedì 12:00 - 00:00
venerdì 12:00 - 00:00
sabato 12:00 - 00:00
domenica chiuso
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Un viaggio gastronomico nel vecchio mulino
Prodotti locali di alta qualità vengono lavorati anche nella cucina del “miil” di Cermes, che si trova proprio accanto alla storica tenuta Kränzel e ai giardini del labirinto. Alloggiato in un antico mulino del XIV secolo, il ristorante propone creazioni insolite, una mescolanza di cucina regionale e internazionale: tartare di cervo su letto di bosco, carpaccio di lucioperca con cren di mela e piantaggine, asparago di Marlengo, capretto della Val Passiria, “gröstl” di patate e porcini con branzino. Il menu offre oltre a selvaggina locale e carne di manzo del contadino, anche manzo dagli USA e tonno del Mediterraneo.

Da sei anni Andreas Heinisch, trentaquattro anni, è lo chef
del “miil”. In cucina taglia i porcini freschi a cubetti. Per i suoi
piatti cerca di utilizzare il più possibile ingredienti regionali che acquista dai contadini. “A seconda della stagione ci riforniamo direttamente da contadini dei dintorni”, spiega Heinisch. Questo è un fattore molto importante per lui. Carote, broccoli, cavolfiori, lattuga, rape rosse, fragole, lamponi, mele e anche bacche di goji: tutti ingredienti coltivati dai contadini locali. Quanto più possibile a chilometro zero, appunto.

Le moderne creazioni sono il risultato del lavoro dell’intera
brigata di cucina. “Per la carne acquistiamo l’animale intero e cerchiamo di utilizzarne ogni parte. Così facendo spieghiamo al nostro ospite che non è buono solo il filetto”, spiega Heinisch. Padre di una bambina, per lui cucinare è tutto, trascorre tredici ore al giorno tra le antiche mura del mulino, “questo mestiere lo devi proprio amare”. E più l’ospite apprezza, più cresce la passione.
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